LA RIVIERA DEL CONERO: NUMANA
Chi viene a studiare a Recanati ha la fortuna di trovarsi a pochissimi chilometri dalla costa, che si può facilmente raggiungere in autobus, con un viaggio di circa 15 minuti. La riviera del Conero, prende il nome dal monte che si protende sul mare e colora quel tratto con il verde del manto boschivo e il bianco candido delle rocce: centinaia di turisti in estate affollano questo tratto di mare, apprezzato per la bellezza dell’acqua limpida, per il fresco offerto dagli alberi che arrivano fin quasi sulla spiaggia e…per il buon cibo.
Tra le molte escursioni offerte dalla scuola, c’è una gita proprio lungo la riviera del Conero, alla scoperta di due piccole ma suggestive città che si affacciano sul mare: Numana e Sirolo.
La prima, anticamente detta Humana, è un piccolo porto turistico e da lì partono le imbarcazioni che propongono una breve navigazione lungo la costa, tutto intorno al promontorio del Conero. Fondata dai Siculi inttono al VIII/IX secolo a.C., Numana conserva al suo interno alcune vestigia del lontano passato, come la bella fontana del XVIII secolo che attinge l’acqua da un antico acquedotto romano.
C’è una curiosità che pochi turisti conoscono e che invece tutti i marchigiani sanno, perché è tramandata da un proverbio popolare. Dentro la chiesa che si trova nella piazza principale della città è custodito un antichissimo crocifisso ligneo che, secondo la leggenda, fu scolpito da San Nicodemo e San Luca: si legge nei Vangeli che sia stato proprio San Luca a togliere Cristo dalla croce e per questo si crede che quella croce sia particolarmente somigliante a Gesù. La leggenda narra che questo crocifisso era custodito a Beirut e che, una volta scoperto da popoli non cristiani, sia stato oltraggiato con molti colpi di coltello e ascia e che da quei tagli sia sgorgato copioso il sangue, davanti agli occhi esterrefatti degli infedeli. Raccolto dentro ampolle ed usato come unguento, il sangue si rivela subito taumaturgico, guarendo all’istante tutti gli infermi che lo toccano; ancora oggi due di queste bottigliette sono conservate in Italia, una a Venezia, nella basilica di San Marco, un’altra a Mantova, nella chiesa di Sant’Andrea.
Lo stesso Carlo Magno, venuto a conoscenza delle proprietà miracolose del crocifisso, lo recupera e decide di portarlo in dono a Papa Leone III; però durante la navigazione, una tempesta costringe l’imperatore ad approdare a Numana, dove il crocefisso viene lasciato. Nell’846 d.C. una serie di terremoti flagella Numana e molte costruzioni vengono distrutte, compresa la chiesa che ospitava il crocifisso, del quale si perdono le tracce. Solo nel 1296 alcuni pescatori ritrovano la preziosa reliquia, che oggi è possibile ammirare nella chiesa moderna che si trova proprio al centro della città.
Anticamente Numana faceva parte di un territorio più ampio, che cadeva sotto il governo di Sirolo, e che da esso prendeva il nome. Il proverbio popolare cui ho accennato all’inizio di questo scritto, risale all’epoca in cui Numana non era considerata una città autonoma e veniva identificata con Sirolo. Nel proverbio si fa riferimento ad un altro luogo di culto marchigiano, una tappa fondamentale dei pellegrinaggi mariani in Italia e in Europa: si tratta della Basilica di Loreto, che custodisce la casa dove è vissuta Maria e dove ha ricevuto l’annuncio dall’Arcangelo Gabriele.
Il proverbio dice: “Chi va a Loreto e non va a Sirolo, vede la mamma e non vede il figliolo”.
Come detto, in realtà il proverbio si riferisce al crocefisso (il figliolo, = Gesù, figlio di Maria) che si trova a Numana e non a Sirolo.
